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"La cucina è una bricconcella; spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere, perché quelle volte che riuscite o avete superata una difficoltà, provate compiacimento e cantate vittoria...Ve l'offro dunque da semplice dilettante qual sono, sicuro di non ingannarvi, avendo provati e riprovati questi piatti da me medesimo… giungerete a farli bene e potrete anche migliorarli, imperocché io non presumo di aver toccato l'apice della perfezione." (Pellegrino Artusi)

Così l'Artusi introduceva il suo libro più di un secolo fa. Ed io, con le stesse parole e con la massima umiltà, introduco questo blog come ho fatto per il portale http://www.lenostrericette.it
Questo blog è la cronistoria degli avvenimenti in cucina e fuori miei, dei miei amici, di altri blogger... con lo scopo di diffondere conoscenze, scambiare opinioni, su una passione che abbiamo in comune. In questo caso la cucina, ovvero il mangiar bene e soprattutto sano...
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lunedì 29 agosto 2016

Bacalao alla Norvegese

In questo post presento una ricetta riprodotta dopo l'esperienza del mio ultimo viaggio nei paesi scandinavi. Sicuramente i piatti replicati in casa non sono mai come quelli gustati in altri posti, sia per gli ingredienti che possono essere diversi ma soprattutto per l'atmosfera e la poesia dei momenti. Questa ricetta però dato anche la semplicità degli ingredienti è molto vicina all'originale.

Prima di proseguire è necessario ribadire la differenza tra Baccalà e Stoccafisso.
Baccalà deriva dal Portoghese Bacalao (Bacallao) che letteralmente significa Merluzzo (Cod in inglese) o Stoccafisso (Stockfish, pesce, specialmente merluzzo, seccato all'aria e senza sale).

La definizione italiana è che lo Stoccafisso è Merluzzo eviscerato e fatto essiccare all'aria, il Baccalà è lo stesso ma conservato sotto sale.
Le principali zone di produzione sono le Isole Lofoten in Norvegia e in Islanda. Maggiori informazioni si trovano su wikipedia.

A complicare le cose ci si è messo lo chef del ristorante, citato in seguito, a Tromso, il quale sostiene, e ci credo, che non esiste una definizione così netta come facciamo noi ma che ci sono tante varianti di produzione in base alle tradizioni delle zone di provenienza, di pesce secco e non, più o meno salato. Se poi si aggiunge il fatto che non viene utilizzato solo il Merluzzo ma anche altri pesci come fanno alcuni pescatori come mi è capitato di vedere a Skarsvåg allora le varianti diventano infinite.

Per questa ricetta ho utilizzato dei filetti di Stoccafisso ammollato e deliscato scegliendo i pezzi più spessi.

La differenza, evidente, con la ricetta tradizionale è data dalla dimensione dei pezzi di stoccafisso
Più o meno è la ricetta utilizzata a Livorno (vedi "Stoccafisso Con le Patate" su lenostrericette.it) con l'aggiunta delle olive e con proporzioni diverse tra patate, stoccafisso e cipolle.
Pochi ingredienti selezionati
Ingredienti per 4- 6 porzioni
  • 800 gr. di stoccafisso ammollato
  • 1 Kg. di patate piccole
  • 300 gr. di cipolle di Tropea
  • 600 gr. di pomodori freschi pelati e senza semi
  • 250 di Olive nere con nocciolo
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • 1 scorza di limone
  • 250 gr. Olio di oliva extravergine
Preparazione

Affettare le cipolle e metterle nell'olio caldo con uno spicchio d'aglio, far appassire a fuoco lento per dieci quindici minuti. Le cipolle devono quasi galleggiare nell'olio.
Versare il vino, sfumare leggermente e aggiungere i pomodori.

Abbassare il fuoco al minimo e proseguire la cottura per circa trenta minuti girando di tanto in tanto. Aggiungere le olive e le patate (tagliate a pezzi non troppo piccoli) e la scorza di limone. Le patate non dovranno risultare troppo dure, ne viceversa troppo molli. Far cuocere per una decina di minuti
Aggiungere lo stoccafisso sgocciolato, diliscato, spellato e fatto a pezzi grossi e finire la cottura. Occorreranno altri venti o trenta minuti. Non mescolare troppo altrimenti lo stoccafisso si spezzetta troppo. A fine cottura, saranno le patate a determinarlo, assaggiare e salare. Eventualmente aggiungere una macinata di peperoncino.




Il risultato servito al ristorante Arctandria Restaurant a Tromso. Tipico ristorante nordico con un ricco Meny (così si chiama in Norvegia) di piatti tradizionali a base di Baccalà, Granchio gigante del mar di Barents, Balena, Renna, Alce ... Da notare che la Balena è quella grigia cacciata con leggi dello stato Norvegese, per solo utilizzo in Norvegia e non le specie con rischio di estinzione.

Bacalao servito!
Interno del locale, semplice e raffinato in stile nordico.
Vicino a Capo Nord, a Skarsvåg, ho potuto degustare questo piatto tradizionale, Lutefisk, tradotto in inglese dalla proprietaria del ristorante, Dry Fish.

Dry Fish servito con patate, carote lesse e bacon. Indimenticabile!
Fuori dalla finestra del ristorantino si vedeva la struttura in legno con i pesci messi a seccare dal marito pescatore.
Queste strutture sono una costante per tutto il paesaggio costiero della Norvegia settentrionale.




sabato 25 ottobre 2014

Praline di pesce dimenticato

Nella mia costante ricerca del buon mangiare, con gusto e soprattutto qualità mi sono imbattuto, da un po’ di tempo, in una food blogger ed una chef, che portano avanti il tema sul pesce dimenticato e il pesce azzurro. Siamo diventati amici con Cristina poveri ma belli e buoni e Silvia de Il Bacco e la Volpe e durante i nostri incontri sono sempre circolate queste praline di pesce dimenticato, ognuna ha la sua ricetta, con formaggio e senza con acciughe o palamita…prima o poi, abbiamo detto, dovremmo organizzare delle “Pralinediadi”!
Queste praline sono l'attuale risultato delle mie prove in tal senso.

Devo subito precisare che il piatto in generale non è una mia invenzione, di mio c’è solo la pralina, ma la trasformazione di un piatto del pluristellato Claudio Sadler al quale a volte mi ispiro per la cromaticità e gli accostamenti dei suoi piatti. Genio, professionista della cucina, inarrivabile né da me dilettante né da pseudo chef più o meno di moda oggi.

Ad essere pignoli la Pralina, come cita il dizionario Treccani è una mandorla ricoperta di zucchero … quindi il termine giusto sarebbe Polpette. Ma siccome oggi l’industria dolciaria ha modificato il termine Pralinatura indicando con questo il rivestimento di granella dei gelati e dei cioccolatini la nostra si può chiamare “Pralina di pesce”. All’aspetto può sembrare un Ferrero Rocher!
Questa premessa mi pareva doverosa.

La ricetta è semplice ma laboriosa. Queste sono le mie fasi e i miei trucchi, ovviamenti diversi da altre preparazioni analoghe.

Gli ingredienti per circa 14 - 18 Praline sono:
500- 600 gr di pesce sfilettato 
2 fette di pane raffermo (80 100gr)
1 limone
1/2 bicchiere di latte
1/2 cucchiaino di zenzero
1/2 cucchiaino di coriandolo
un pizzico di aneto
150 gr granella di pistacchi e mandorle e sesamo in proporzioni a piacere
50 gr farina 00
30 gr farina ceci
Il chiaro di un uovo

Per le praline in foto ho usato una Palamita da 850 gr. ma in precedenza ho usato anche Sgombro e Acciughe. Sfilettare e sminuzzare al coltello il pesce e metterlo a marinare col succo del limone lo  zenzero il coriandolo un pizzico aneto in una boule di vetro e mettere in frigorifero.

La marinatura deve essere calibrate a seconda del pesce utilizzato. Per la Palamita essendo più delicata ho messo poco limone, mentre quando ho usato lo sgombro, essendo più grasso e forte come sapore ne ho usato di più.
Mettere la mollica ad ammollare nel latte quando sarà ammorbidita strizzare e unire al trito di pesce.

Nel frattempo preparare la o le salse.

Preparare le praline facendo delle palline e metterle su di un vassoio con la carta gialla spolverata di farina. Volendo si potrebbero anche congelare per usarle successivamente.

Preparare un piatto con la farina mescolata, un piatto con la granella trita più o meno grossa e una bacinella con il chiaro d’uovo sbattuto.
Mettere a scaldare l’olio in una padella per friggere.

Questa è la parte più difficile e di abilità che può pregiudicare l’aspetto delle praline.
Prendere la pallina infarinarla, ruotandola sulle mani per far aderire la farina, passarla nel chiaro d’uovo sbattuto e poi nella granella. Ruotarla ancora sulle mani e mettere in padella….e così via
Quando hanno assunto un bel colore prenderle con un ragno e metterle a sgocciolare su un foglio di carta gialla. L’olio non deve essere troppo caldo per non bruciare fuori senza cuocere dentro.



Per la salsa rossa, niente di più semplice.
150 gr di barbabietole rosse lessate e ridotte nel mixer con 15 gr. Di olio evo un pizzico di sale, macinata di semi di cumino e qualche goccia di limone.

Per la salsa ocra
La salsa è il risultato di diverse prove e affinamenti per il mio gusto. Sadler consiglia proporzioni diverse anche perché lui parte da arachidi mentre io per semplificarmi la vita, visto anche le dosi ridotte, utilizzo il burro di arachide. Questa salsa, secondo me, é spettacolare anche da sola con acciughe sgombri e tutti i pesci azzurri in genere.

Dosi per  5 – 6 piatti (abbondante)
40 gr burro arachidi
60 olio arachidi
20 gr crema rafano
30 gr aceto bianco
30 gr salsa soia
Un pizzico di aneto

Come detto in precedenza io uso il burro di arachidi, ma se non lo trovate, usate le arachidi.
Mettere nel bicchiere del mixer ad immersione nell’ordine, il burro di arachidi, la crema di rafano, e metà olio, iniziare a frullare e poi aggiungere l’aceto e la salsa di soia, infine l’altro olio fino ad ottenere la consistenza giusta. Le quantità sono poche e la difficoltà è proprio questa. Con dosi doppie verrebbe tutto più facile.

La cipolla e i fagiolini meritano un po’ di attenzione. Ho usato gli ultimi freschi trovati al mercato ortofrutticolo come pure la cipolla di tropea. 
La loro posizione nel piatto determina una sorta di continuità tra una pralina e l’altra e danno dei contrasti di colore notevoli. Il sapore inoltre si amalgama benissimo al resto.
La cipolla potrebbe essere anche caramellata in padella ma in questo caso è semplicemente avvolta con la buccia in un pezzo di carta stagnola e dimenticata in forno a 160° per 30 – 40 minuti. Dopo tagliata a fettine e condita con un filo di olio e sale.

I fagiolini, freschi, teneri, sono leggermente inbianchiti quattro o cinque minuti in acqua bollente salata e raffreddati rapidamente in acqua e ghiaccio per mantenere il verde brillante. Anche questi conditi con un filo di olio sale e una goccia di limone.

A questo punto con tutto pronto non resta che impiattare.

Per il vino andiamo sul sicuro con le bollicine di Valdobbiadene e anche profumate come di uno spumante di Müller Thurgau. Ultimamente ho anche provato spumanti emergenti delle nostre parti dell'Elba e della Val di Cornia veramente notevoli...ma ancora non sono sommelier, e ormai non lo sarò più e quindi quello che scrivo è solo gusto personale.


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